mercoledì 7 dicembre 2011

VIII CONGRESSO DI RIFONDAZIONE COMUNISTA

VIII CONGRESSO
DI RIFONDAZIONE COMUNISTA
Napoli 2-3-4 dicembre 2011

RISULTATI VOTAZIONE: 
Ø    Segretario nazionale PAOLO FERRERO -  118 votanti. 100 a favore, 12 contrari 6 astenuti.
Ø    Tesoriere nazionale MIMMO CAPORUSSO – 118 votanti. 106 favorevoli, 4 contrari, 8 astenuti
Ø    Segreteria nazionale: 101 votanti. 82 favorevoli, 15 contrari, 2 bianche e 2 astenuti.
PAOLO FERRERO E MIMMO CAPORUSSO di diritto. 
IRENE BREGOLA, ROBERTA FANTOZZI, MARCO GELMINI, CLAUDIO GRASSI, GIANLUIGI PEGOLO, ROSA RINALDI, AUGUSTO ROCCHI.

COMITATO POLITICO NAZIONALE



1
ACERBO MAURIZIO

2
ALBERTI FABIO

3
ALBERTINI VERONICA

4
AMADIO BEATRIZ PAULA

5
AMAGLIANI MARCO

6
AMATO FABIO

7
ANTONAZ ROBERTO

8
ANTONELLI ELENA

9
ARMELLIN MARA

10
ARNABOLDI PATRIZIA

11
BARBAROSSA IMMA

12
BARILLA' TIZIANA

13
BARTIMMO TIZIANA

14
BAVILA FRANCESCO

15
BELLOTTI CLAUDIO

16
BERTUCCELLI KETTY

17
BETTARELLO CLAUDIO

18
BILARDI DONATELLA

19
BISETTI MARIA LUCIA

20
BOGHETTA UGO

21
BONADONNA SALVATORE

22
BORRELLI DANILO

23
BOTTINI ANTONIETTA

24
BOZZI ANTONELLA

25
BRACCITORSI BIANCA

26
BRAI STEFANIA

27
BREGOLA IRENE

28
BURGIO ALBERTO

29
CAMPESE MARIA

30
CANGEMI LUCA

31
CANTONE CARMELA

32
CAPELLI GIOVANNA

33
CAPORUSSO MIMMO

34
CAPPELLONI GUIDO

35
CARDAZZO RENATO

36
CARNEVALE ORNELLA

37
CASATI BRUNO

38
CESANI SILVANA

39
CESARIA NICOLA

40
CIMASCHI MAURO

41
CIRIGLIANO MADDALENA

42
COLELLA MARGHERITA

43
COMMODARI PINO

44
CONIA MICHELE

45
COPPA ANNARITA

46
CORBINO NICOLA

47
CRISTIANO STEFANO

48
CULEDDU NICOLA

49
CUNTI EMILIA

50
D'AGRESTA FRANCESCO

51
D'ALESSANDRO TONINO

52
D'ANGELO PASQUALE

53
D'ASCENZIO ANNA

54
DE CESARIS WALTER

55
DE MENNA AMANDA

56
DI GIACOMO SILVIA

57
DI SANTO LEDA

58
DONINI MONICA

59
EMPRIN ERMINIA

60
ERPICE ANTONIO

61
ERPICE LUCIA

62
EZZELINI STORTI GIULIANO

63
FANTOZZI ROBERTA

64
FERRAGUTI MARIA CRISTINA

65
FERRERO PAOLO

66
FLAMINI ENRICO

67
FORENZA ELEONORA

68
FORNONI CHIARA

69
FORTE ROBERTA

70
FRALEONE LOREDANA

71
FUCITO ALESSANDRO

72
GADDI MATTEO

73
GASPARO DILETTA

74
GELMINI MARCO

75
GESSO GABRIELE

76
GIARDIELLO ALESSANDRO

77
GIGANTINO ROSITA

78
GILIANI FRANCESCO

79
GIORDANO MATTEO

80
GIORDANO ROSSELLA

81
GORETZ YASSIR

82
GRANCHELLI PATRIZIA

83
GRANO MANUELA

84
GRASSI CLAUDIO

85
GRASSO LUISA

86
GRECO DINO

87
GUAGLIARDI DAMIANO

88
GUERRA TONIA

89
KOCJANCIC IGOR

90
LA BERNARDA FRACESCO

91
LIMONCINO NICOLA

92
LOBINA SIMONA

93
LOCATELLI EZIO

94
LOFFREDO DOMENICO

95
LOMBARDI GIANLUCA

96
LOROPIANA MARINA

97
LUZZARO LIDIA

98
MAFFIONE DANIELE

99
MAGRI ANNA LISA

100
MAINARDI NANDO

101
MALERBA MATTERO

102
MANOCCHIO ANTONELLO

103
MANTOVANI RAMON

104
MARCHETTINI ALIDINA

105
MARINO LOREDANA

106
MAROTTA ANTONIO

107
MERLINI MARIA

108
MONTALTO PIER PAOLO

109
MORSELINO SALVATORE

110
MORSOLIN CRISTIANA

111
NAPPO FRANCO

112
NICOTRA ALFIO

113
NIGRO CLAUDIA

114
OLIVIERI SERGIO

115
PAOLINI ALBA

116
PATTA NELLO

117
PEGOLO GIANLUIGI

118
PETRINI ARMANDO

119
PIOBBICHI FRANCESCO

120
PREVIATO SONIA

121
RANCATI CLAUDIA

122
RASORI LICIA

123
RENDA JACOPO

124
RINALDI ROSA

125
ROCCHI AUGUSTO

126
ROMA ELENA

127
ROMITO ROBERTO

128
RUFFINI DANIELA

129
RUSSO LEONILDE

130
RUSSO SPENA GIOVANNI

131
SALERNO ADA

132
SALVETTI DARIO

133
SANTILLI LINDA

134
SCAPINELLI RITA

135
SCARABELLI PAOLO

136
SCONCIAFORNI ROBERTO

137
SGHERRI MONICA

138
STERI BRUNO

139
STOCHINO LAURA

140
STUFARA DAMIANO

141
TARGETTI SANDRO

142
TECCE RAFFAELE

143
TICCA GIOVANNA

144
USSI ARIANNA

145
VALENTINI SANDRO

146
VANGIERI DANIELLE

147
VERUGGIO MARCO

148
VEZZORSI ILIC

149
ZACCHEDDU ANNA PAOLA

150
ZUCCHERINI STEFANO


TOTALE








spettano di diritto

151
SCHIAVON GIANLUCA
PRES CNG
152
BELLIGERO ANNA
COORD GC
153
OGGIONNI SIMONE
COORD GC


COLLEGIO NAZIONALE DI GARANZIA    CNG

1
ALBERIONE STEFANO
2
BENASSI GIUSEPPE
3
BRUNINI STEFANIA
4
CAPODICASA SERENA
5
CORTESE GENNARO
6
FERLISI FRANK
7
LORENZONI SIMONA
8
MANGIANTI CESARE
9
MINGHETTI LUIGI
10
MINIATI ADRIANA
11
MUNGO DONATELLA
12
POSELLI PATRIZIA
13
SCHIAVON GIANLUCA

DOCUMENTI CONCLUSIVI:


DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO


L’VIII Congresso di Rifondazione Comunista, che si è svolto a vent’anni  dalla nascita della nostra impresa collettiva, approva la relazione del Segretario che considera un importante contributo ai nostri lavori, come considera positivo il dibattito che l’ha seguita.
Oggi, ancor più di ieri, possiamo dire che, se Rifondazione non esistesse, bisognerebbe inventarla. Vent’anni fa ci avevano spiegato che il capitalismo è il migliore dei mondi possibili e la fine della storia. A distanza di vent’anni vediamo che il capitalismo non è in grado di superare la propria crisi – che  non è solo economica e finanziaria, ma anche ambientale e sociale -, moltiplica le guerre, mette in discussione la democrazia, radicalizza l’intreccio tra neoliberismo e patriarcato.
Oggi più di ieri l’alternativa è tra socialismo o barbarie. Oggi più di ieri serve l’impegno di riflessione e lavoro delle comuniste e dei comunisti per costruire un’alternativa di società,per quella “futura umanità” a cui abbiamo intitolato il nostro Congresso. 
La risposta delle classi dominanti alla crisi segna in maniera particolarmente regressiva l’ Europa. L’Unione Europea ha incorporato nella propria Costituzione i dogmi del neoliberismo, erodendo progressivamente ciò che ha costituito la specificità del modello sociale europeo del dopoguerra,  nell’intreccio tra diritti sociali e forme avanzate di democrazia. 
Questa erosione progressiva ha conosciuto un vero e proprio salto di qualità dentro la crisi. Invece di rimettere in discussione le politiche che hanno prodotto la crisi, contrastando la speculazione finanziaria, redistribuendo la ricchezza, riconvertendo l’economia nel segno della sostenibilità ambientale e sociale,  la risposta delle élites dominanti vede la riproposizione di quelle politiche in forma estremistica.
La riduzione a tappe accelerate di un debito  pubblico che deriva dai salvataggi del sistema finanziario, la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, il neomercantilismo, producono concretamente la demolizione di ciò che resta del sistema di welfare e dei diritti del lavoro e la messa in mora della democrazia per come l’abbiamo conosciuta.  Ne sono un esempio la vicenda greca ed italiana. In entrambi i casi si è usata la speculazione come “vincolo esterno” per impedire il pronunciamento democratico delle popolazioni - attraverso il referendum in Grecia e le elezioni in Italia - e per insediare governi diretta espressione delle tecnocrazie finanziarie europee.
La fine del governo Berlusconi, che abbiamo salutato positivamente, per il portato di profonda regressione sociale, civile e democratica che esso ha segnato per il nostro paese nella lunga stagione del berlusconismo, non ha visto – a differenza di quanto avevamo continuato a proporre fino alla fine – il necessario passaggio democratico delle elezioni anticipate. La responsabilità del Presidente della Repubblica, che ha operato al limite della correttezza costituzionale, e il grave errore del Partito Democratico hanno portato all’esito del governo Monti, ad un quadro che ha ed avrà pesanti effetti negativi sul piano sociale e politico.
Il governo Monti è un governo costituente. Gli inaccettabili interventi annunciati sulle pensioni, sul mercato del lavoro, sull’Iva e sull’Ici, rappresentano un nuovo micidiale attacco alle condizioni di lavoro e di vita delle lavoratrici e dei lavoratori, dei pensionati, dei giovani e delle donne. Mentre gli scenari che si aprono sul versante delle  privatizzazioni  di quel che resta dell’industria pubblica, dei servizi locali, della stessa riproduzione sociale, se da un lato sono coerenti con gli interessi delle banche e del sistema industriale tedesco, dall’altro prefigurano il rilancio della sussidiarietà e degli interessi delle grandi agenzie che operano per la privatizzazione del welfare, a partire dalla Compagnia delle Opere. È un disegno costituente, in cui questo governo punterà, nella concretezza del proprio agire, a un nuovo equilibrio dei ceti dominanti, base materiale per la costruzione di un nuovo “campo” del Centro.
Questa operazione, che ha l’obiettivo di una profonda ristrutturazione del panorama sociale e politico del nostro Paese, se da un lato consente alla destra populista ed in particolar modo alla Lega Nord di rigenerarsi in vista delle prossime elezioni, è destinata, dall’altro, ad aprire una contraddizione reale tra il popolo della sinistra: tra le proprie rappresentanze sociali, a partire dalla Cgil e dagli stessi elettori del  Partito Democratico.

La nostra proposta politica
Come abbiamo scritto nel documento congressuale, il nostro progetto di fondo, la nostra ragion d’essere è l’alternativa di società. Su questa strada sono indispensabili la costituzione della più ampia opposizione sociale al governo Monti, del movimento antiliberista in Italia ed in Europa e di luoghi di connessione permanente tra i diversi movimenti, ed è urgente un salto di qualità nella costruzione di un polo politico della sinistra di alternativa.
La nostra risposta alla crisi costituente, all’azione costituente del governo Monti, è l’opposizione costituente: per un diverso modello sociale, per una sinistra in grado di avere la massa critica necessaria per contrastare le politiche neoliberiste, e per il superamento del sistema bipolare-maggioritario in direzione del modello proporzionale.
Proponiamo di dare vita in gennaio agli stati generali dell’opposizione costruendo un vero e proprio  fronte unitario. Proponiamo di promuovere unitariamente  una manifestazione nazionale contro il governo Monti e le politiche neoliberiste dell’Unione Europea.
L’opposizione che vogliamo costruire, tiene insieme gli obiettivi di fondo di un progetto di trasformazione sociale, con la concretezza dell’individuazione, qui ed ora, delle scelte immediate, degli obiettivi praticabili.
Continuiamo ad indicare nella modifica del ruolo della BCE il primo obiettivo necessario. La BCE deve acquistare direttamente i titoli degli Stati.  Solo la miopia di chi è accecato dai dogmi del neoliberismo, e più concretamente il blocco di interessi delle banche tedesche, impedisce di vedere che questa è  la sola via possibile per bloccare la speculazione e la stessa deflagrazione dell’Europa, come diciamo dall’esplosione della crisi greca.
In secondo luogo diciamo no alle privatizzazioni e proponiamo un rinnovato intervento pubblico in economia, per una riconversione sociale ed ambientale del nostro modello di sviluppo, per allargare la sfera dei beni comuni a partire dalla necessità che si dia immediatamente seguito al vittorioso referendum per l’acqua pubblica e contro la privatizzazione dei servizi pubblici locali. Proponiamo di dimezzare le spese militari, di abbandonare la realizzazione del Ponte sullo Stretto e della Tav in Val Susa, di tagliare i costi della politica e di usare queste risorse per un piano per il risparmio energetico, le fonti rinnovabili, la mobilità sostenibile, il riassetto idrogeologico del territorio. Creando così almeno mezzo milione di nuovi posti di lavoro e riaprendo la strada all’obiettivo della piena e buona occupazione.
Proponiamo una patrimoniale strutturale sulle grandi ricchezze immobiliari e finanziarie, che produrrebbe un gettito annuo di 20 miliardi di euro, toccando soltanto il 5% più ricco della popolazione e consentendo di reperire le risorse per il reddito sociale per i disoccupati e per diminuire le tasse sul lavoro dipendente.
Ci opponiamo a ogni nuovo intervento peggiorativo sulle pensioni delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti. Per garantire prestazioni pensionistiche dignitose ai lavoratori precari e alle giovani generazioni, proponiamo invece di imporre un tetto a 5.000 euro per le pensioni dei dirigenti e per ogni cumulo pensionistico, e di affrontare le gravi iniquità del sistema previdenziale, che scarica sui fondi in attivo del lavoro dipendente, dei parasubordinati e delle prestazioni temporanee, i passivi di tutti gli altri fondi, a cominciare da quello dei dirigenti.  Proponiamo di istituire un fondo pubblico presso l’Inps per la previdenza integrativa.
Sono solo poche proposte di “un’altra manovra” per indicare che un’altra strada è possibile e che non c’è nessuna neutralità e oggettività “tecnica” nelle scelte che si fanno. Per demistificare ogni processo di naturalizzazione  della  crisi,  come delle risposte regressive delle élites dominanti.
Nella lotta di opposizione alle politiche neoliberiste della Merkel e di Monti noi proponiamo di aggregare ed unire la sinistra. La sinistra non si può unire o costruire in astratto; è nella concreta azione di opposizione che si definisce la sinistra. L’appello che rivolgiamo alle forze politiche, sociali, culturali che si oppongono oggi – o che sceglieranno di opporsi domani – al governo, è quello di dar vita ad un processo costituente che punti a ricostruire un riferimento comune a sinistra. Avanziamo questa proposta a partire dalla Federazione della Sinistra, che su questi contenuti vogliamo rilanciare con forza. E la rivolgiamo in primo luogo alle compagne ed ai compagni di SEL, alle diverse formazioni politiche esistenti, la proponiamo a tutte le compagne ed i compagni che vogliono ricominciare ad incidere sui processi di fondo del nostro Paese. La costruzione di un polo della sinistra capace di avere sufficiente massa critica, per dimensioni, capacità di progetto e iniziativa, può incidere sulle contraddizioni del PD,  dell’IDV e sull’intero quadro dei rapporti politici, e influire sulla stessa durata del governo Monti.  La nostra iniziativa politica, entro le dinamiche che verranno concretamente determinandosi, deciderà della nostra scelta elettorale, che oggi come ieri, è scelta tattica.
Proponiamo a tutte le forze sociali, ai comitati, alle associazioni, di dare vita ad una Costituente dei beni comuni e del lavoro. Per  sconfiggere le politiche neoliberiste e costruire l’alternativa non si può attendere che questa maturi sul piano delle relazioni politiche. È necessario organizzare dal basso la lotta e la proposta, dando vita ad una vera e propria costituente sociale, che sull’esempio dei comitati che hanno promosso il vittorioso referendum sull’acqua e i servizi pubblici locali, aggreghi, in una rete di relazioni stabili, quel tessuto sociale che vuole contrastare il neoliberismo e costruire l’alternativa.
In questo contesto lavoriamo per il rilancio del Partito della Rifondazione Comunista. Sappiamo di essere insufficienti, sappiamo di essere necessari. Solo il rafforzamento di Rifondazione può permetterci di far procedere il progetto politico che abbiamo delineato, per uscire a sinistra dalla crisi. Lo facciamo in una prospettiva europea al cui centro vi è il rafforzamento del Partito della Sinistra Europea, perché l’attacco contro i lavoratori parte dalle politiche europee ed è a quel livello che dobbiamo essere in grado di rispondere, per una rifondazione democratica e sociale dell’Europa che rovesci i principi liberisti, classisti e anti-democratici dei Trattati di Maastricht e Lisbona.
Dobbiamo tradurre in pratica gli obiettivi che ci siamo dati con il documento congressuale.
Costruire un partito capace di fare una analisi critica del capitalismo oggi, per contrastare ogni naturalizzazione dei processi in atto nel senso comune di massa, per trasformare il disagio e la sofferenza sociale in soggettività conflittuale; un partito capace  di avere un progetto di trasformazione, sviluppando la ricerca sulla “rifondazione comunista” che abbiamo ripreso a partire da questo Congresso,  dopo il tempo della resistenza.
Un partito capace di investire su di sé attraverso la formazione e l’autoformazione, di operare per lo sviluppo delle lotte attraverso l’inchiesta e il radicamento nei luoghi di lavoro; capace di cambiare la propria pelle diventando costruttore di legame sociale, di mutualismo e autorganizzazione, per spezzare la solitudine che è condizione materiale ed esistenziale nella crisi. Sono questi i temi che dovranno essere al centro anche della prossima Conferenza di organizzazione, occasione di una riflessione complessiva sul nostro riassetto, che si deve porre l’obiettivo di valorizzare le peculiarità e le risorse dei territori.
Un partito capace di vedere i propri limiti, dando seguito all’impegno di realizzare un’inchiesta sulla propria costituzione materiale, sulla propria composizione sociale e sulla perdurante profondissima asimmetria della composizione di genere che lo segna; capace di mettere concretamente a tema il superamento del patriarcato. Anche per questo proponiamo di realizzare la Conferenza delle donne comuniste.
Un partito che valorizzi le giovani e i giovani, portatori di un nuovo drammatico intreccio tra condizione sociale e generazionale ed attori del protagonismo di massa che sta segnando in Europa e nel mondo la lotta contro il neoliberismo.
Il nostro Congresso si è svolto a partire da un documento largamente unitario. È dunque sulla base di un concreto passo in avanti che si pone oggi il tema urgente del superamento del correnti e di qualsiasi loro cristallizzazione. Come abbiamo ripetutamente affermato, questo obiettivo nulla ha a che vedere con la riduzione degli spazi di pluralismo, della dialettica tra diverse aree culturali e posizioni politiche, che è il sale della democrazia e la condizione per il pieno sviluppo delle intelligenze critiche di ognuno di noi e del nostro corpo collettivo.
Riaffermando l’assunzione delle  proposte contenute nel documento congressuale, oggi chiediamo a tutte e tutti noi lo sforzo di farle vivere concretamente e quotidianamente nei nostri comportamenti, in un nuovo vincolo di reciproca fiducia e lealtà.
Approvato dall’assemblea dei delegati al’VIIIl Congresso
4.12.2011


  Documento respinto
Costruire l’opposizione di classe
Documento conclusivo due

La crisi economica ha suscitato in tutto il mondo, dagli Stati Uniti a Israele, dalla Gran Bretagna al movimento degli indignati in Spagna, una straordinaria opposizione sociale, che, seppur in prevalenza priva di rappresentanza politica, è lontana dal dissiparsi.
Il rischi di crollo dell’euro e la crisi dei debiti sovrani impone al capitale la difesa di un “interesse generale” che non ammette articolazione e opposizioni al suo interno. Negli ultimi vent’anni le tre forze principali europee: popolari, liberaldemocratici e partito socialista europeo sono state protagoniste della costruzione dell’Europa delle banche, da Maastricht al Trattato di Lisbona. Oggi questo fronte vede un ulteriore sviluppo nella gestione comune e autoritaria dei piani di austerità con una forte spinta a governi di unità nazionale (Grecia, Italia) e in ogni caso a una gestione indistinguibile fra governi di destra e di centro sinistra. A tale spinta la socialdemocrazia europea si è completamente piegata.
Il vasto movimento di scioperi generali in Grecia ha trovato del tutto impermeabile la socialdemocrazia al governo.  E dopo il divieto imposto all’ex presidente Papandreu da Francia e Germania di sottoporre a referendum popolare la decisione di ulteriori tagli alla spesa pubblica, la socialdemocrazia persevera con la sua politica liberista sostenendo il governo di unità nazionale insieme  a Nuova democrazia e persino all’estrema destra del Laos.
Anche in Spagna la conclusione della passata legislatura ha visto la convergenza fra Pp e Psoe nell’inserire nella Costituzione l’obbligo della parità di bilancio. Di questa politica ha fatto le spese il Psoe, forza di governo uscente, la cui crisi ha consentito un significativo rilancio della sinistra sul piano elettorale.
Allo stesso modo in Italia il Partito democratico unisce il suo sostegno a quello del PdL e del Terzo Polo al governo Monti il cui programma è dettato dalla Bce e dal Fmi: vendita di patrimonio pubblico, privatizzazione delle società e dei servizi pubblici, innalzamento dell’età pensionabile e destrutturazione dei diritti del lavoro, a partire dall’abolizione del contratto nazionale.
La soddisfazione per la caduta di Berlusconi e l’allineamento di tutte le forze politiche parlamentari, con l’eccezione strumentale della Lega a sostegno del governo Monti consente a quest’ultimo di godere di un certo consenso nei sondaggi. Anche la Cgil ha rimodulato la propria iniziativa trasformando la manifestazione del 3 dicembre in un’assemblea nazionale.

Le misure in fase di discussione ed approvazione spazzano ogni possibile illusione sulla sbandierata “equità” del nuovo governo. Attacco alle pensioni di anzianità, passaggio per tutti al contributivo, blocco dell’indicizzazione, attacco al pubblico impiego, privatizzazioni e liberalizzazioni forzate, aumento dell’Iva, attacco allo Statuto dei lavoratori, reintroduzione dell’Ici: il governo Monti prosegue e approfondisce i tratti più antisociali della politica di Berlusconi.


Il Partito della Rifondazione Comunista è quindi chiamato ad organizzare la più ampia opposizione sociale e politica al governo Monti e ad affermare con nettezza la propria totale alternatività strategica al presente quadro delle forze rappresentate in Parlamento.

Il Partito della Rifondazione Comunista si impegna a promuovere una battaglia con tutte le forze sociali e politiche, a partire dai movimenti e dalle vertenze in atto e si propone punto di riferimento.
All’inesistenza dell’opposizione politica si contrappone infatti un vasto fronte sociale e di movimento che non può accodarsi alla fanfara dell’unità nazionale. Il movimento operaio, dopo due anni di resistenza al modello Marchionne, deve oggi rispondere a una ulteriore demolizione di diritti e condizioni. Continuano le rivolte per la difesa del lavoro e del patrimonio industriale; larghi settori di manodopera immigrata sfidano con sempre maggior determinazione la condizione di doppio sfruttamento e privazione dei diritti di cittadinanza. Prosegue una modifica strutturale delle condizioni di lavoro nel pubblico impiego, in tutte le sue articolazioni. Abbiamo lottato contro l’innalzamento dell’età pensionabile alle donne del pubblico impiego, abbiamo denunciato lo svilimento delle donne e del loro lavoro da parte del governo Berlusconi. La riduzione salariale, la minaccia di mobilità del lavoro (mobilità e perdita del lavoro), la precarietà dilagante nel pubblico impiego fanno della condizione lavorativa femminile lo strumento principe con il quale l’ideologia patriarcale costringe le donne a una vita umiliante e subalterna, corpi che non devono vivere autonomamente.
Nel movimento che si è espresso il 15 ottobre scorso ci confrontiamo anche con una generazione di giovani e giovanissimi che sta formando la propria visione del mondo in netto antagonismo ad un sistema del quale conoscono innanzitutto la crisi senza precedenti. Una generazione che a differenze della precedente, cresciuta nel clima ideologico del “crollo del comunismo” e della “fine della storia”, vede svilupparsi sotto i propri occhi la crisi mondiale del sistema capitalista.
Il movimento a tutela dell’ambiente, del territorio, dei beni comuni, a partire dal movimento No Tav fino a quello a difesa dell’acqua pubblica, indicano una crisi di consenso senza precedenti alle politiche liberiste.
Il Partito della Rifondazione Comunista si impegna a sostenere il conflitto sociale, a partire da questi settori di movimento, per far vivere un’ampia opposizione di massa al governo Monti.
Punti dirimenti per la costruzione dell’opposizione sono: a partire dalla rivendicazione noi il debito non lo paghiamo, no alle privatizzazioni e ai tagli alla scuola pubblica e allo stato sociale, no alla vendita del patrimonio pubblico, no all’inserimento del vincolo del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, no alla precarietà e allo smantellamento dei diritti del lavoro, del contratto nazionale a partire dal rifiuto dell’accordo fra le parti sociali del 28 giugno scorso, contro le mafie e il malaffare del bipolarismo, coinvolto negli scandali e negli interessi economici.

In tutta Europa il sostegno bipartisan ai piani di austerità ha suscitato forti mobilitazioni dei lavoratori costringendo le organizzazioni sindacali a convocare ripetuti scioperi anche generali. Significativamente sia in Grecia che in Gran Bretagna essi non hanno ricevuto il sostegno delle socialdemocrazie. Questo scenario investirà anche il movimento sindacale in Italia: il gruppo dirigente della Cgil che aveva puntato le sue carte sull’alternanza di governo si trova privo di una strategia nel bel mezzo della peggiore offensiva antioperaia da decenni. È decisivo investire tutte le nostre forze affinché dai luoghi di lavoro sorga un forte movimento di lotta che rompa gli indugi esiziali delle burocrazie sindacali che subordinano l’urgenza di una forte mobilitazione alle contorsioni del quadro politico.
La perfetta identità di vedute e azione tra il governo, Confindustria e la Fiat di Marchionne impone al movimento operaio la costruzione di una strategia complessiva: non esistono piani separati tra il contrasto alle politiche di austerità, la difesa dell’occupazione e delle aziende minacciate di smantellamento, la riconquista dei contratti nazionali di categoria e della democrazia nei luoghi di lavoro e la lotta contro provvedimenti quali l’articolo 8, la cui logica è completamente fatta propria dal presente governo.

Dobbiamo pertanto impegnarci nel promuovere e sostenere tutte le iniziative di autorganizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori volte a mettere in campo quelle forme di lotta radicali rese indispensabili dalla durezza dell’attacco. Sono questi gli strumenti attraverso i quali il movimento può mettere in crisi logiche burocratiche e compatibiliste e costruire il terreno più avanzato di unità nella lotta fra tutti i settori del sindacalismo di classe nel nostro paese.

Sempre a tal fine il Partito della Rifondazione Comunista si impegna ad uniformare a questa battaglia a sostegno dei movimenti di lotte le scelte dei nostri rappresentanti istituzionali, i quali sono tenuti ad esprimere coerentemente con il voto la non accettazione dei vincoli del patto di stabilità nelle sue ricadute sui diversi livelli istituzionali e amministrativi.

La costruzione dell’opposizione non può essere considerata una passaggio imposto dalle contingenti vicende parlamentari. La caduta del governo Berlusconi non è un fulmine a ciel sereno, ma il compimento di un processo di logoramento già emerso con piena evidenza nella giornata del 14 dicembre 2010. Le basi di consenso della maggioranza sono state erose da due anni di mobilitazioni sociali, dalle lotte per il lavoro, ai referendum, fino allo scorso 15 ottobre. È stato un anno segnato anche dalle sconfitte nelle elezioni amministrative, che hanno evidenziato la crisi di consenso del premier e della sua coalizione, compresa la Lega nord.
Solo la inettitudine e la pusillanimità delle opposizioni parlamentari ha permesso che il governo trascinasse la sua agonia per quasi un altro anno, aprendo così uno spazio di manovra nel quale si sono inserite le pressioni del grande capitale, nazionale ed internazionale, che ha potuto così preparare la svolta. Ancora una volta quindi i frutti di una mobilitazione di massa vengono raccolti da chi, socialmente e politicamente, rappresenta l’esatto opposto delle istanze che hanno animato due anni e più di lotte contro questo governo.
La crisi della destra è profonda, la frattura fra Lega e Pdl non sarà facile da ricomporre; nello stesso Pdl si allargheranno le contraddizioni. Il Pd verrà profondamente logorato dal sostegno al governo, mentre il Terzo Polo si propone di guadagnare a spese di entrambi gli schieramenti. Il bipolarismo viene pertanto messo come minimo in discussione. Più che mai in questo quadro la nostra strategia deve proporsi di rendere evidente l’esistenza di una sinistra fuori e contro il quadro politico dato al di là delle forme che potranno assumere gli schieramenti politici. Il problema non è la tattica elettorale, bensì quello di dare forma e sostanza alla rappresentanza politica di classe. Questo è il terreno che Sel rifiuta, in quanto concepisce la fase attuale come una sgradevole parentesi da superarsi al più presto nella ricostituzione di quel centro sinistra che ambiva ad egemonizzare.
L’opposizione sociale deve trovare una chiara espressione politica. Non ci sarà futuro per chi tenti di stare un giorno nelle piazze e il giorno successivo ai tavoli delle alleanze elettorali. Il Prc si propone di costituire, fuori e contro gli schieramenti che sostengono il governo di unità nazionale, un polo della sinistra di classe che sia riferimento per l’opposizione sociale al governo Monti e che fin da subito lavori anche sul piano elettorale alla costruzione di uno schieramento alternativo. Deve emergere con chiarezza l’esistenza di una netta alternativa a sinistra, per l’oggi e per il domani. Tale necessità non può essere subordinata a considerazioni tattiche legate al possibile cambiamento della legge elettorale o alle scadenze delle elezioni stesse, peraltro terreni sui quali oggi non abbiamo alcuna possibilità di influire.
La richiesta di elezioni anticipate si lega quindi non solo a una generale rivendicazione democratica, ma deve essere legata a una prospettiva concreta: rivendichiamo elezioni perché oggi nel parlamento, al di là delle divisioni di schieramento, esiste di fatto una voce sola: quella delle banche, quella del capitale; rivendichiamo elezioni affinché anche col voto si possa esprimere ciò che si è espresso nelle piazze di questi anni. Questo è possibile solo se la sinistra, a partire dal nostro partito, rompe ogni ambiguità rispetto al Pd e al centrosinistra, oggi elemento portante dell’operazione Monti-Napolitano. Non si tratta quindi di una tattica destinata a mutare una volta che cambi il quadro politico e si ritorni a una “normale” dialettica fra centrodestra e centrosinistra; si tratta invece di una impostazione che assumiamo come strategica.
Il voto con il quale il Pd ha permesso senza colpo ferire l’introduzione nella Costituzione dell’obbligo di pareggio di bilancio segna in maniera inequivocabile come il suo sostegno al governo Monti non sia contingente ma si fondi su una completa assunzione delle compatibilità dettate dalla crisi. Ogni ipotesi di fronte democratico col centrosinistra viene sepolta dai fatti, per l’oggi e per il domani.
La nostra proposta deve quindi muovere dal ruolo che intendiamo svolgere nei confronti dei lavoratori e dei nostri referenti sociali.
Nella Federazione della sinistra la caduta di Berlusconi ha fatto emergere una crescente spinta centrifuga, lacerando il velo di una fittizia unità politica costruita sulla base dei minimi comuni denominatori fra linee politiche in realtà divergenti. Nessuna ambiguità può essere tollerata non solo riguardo al governo Monti, ma anche e soprattutto rispetto agli sbocchi che intendiamo perseguire con la nostra opposizione a tale governo. L’ambizione unitaria non può essere sacrificata alle equivoche diplomazie che hanno retto il percorso della Fds fin dal suo esordio. Oggi la Fds è un impedimento alla costruzione di quel polo di classe indispensabile all’opposizione sociale e alla sua necessaria espressione politica.
Il Partito della Rifondazione Comunista alla prova del suo VIII congresso conferma di essere la principale aggregazione nel campo della militanza della sinistra. Praticare la costruzione del partito di classe e del movimento, in un contesto tanto conflittuale, sottopone i gruppi dirigenti e la militanza alla necessità di una rottura con il modello di partito prevalentemente fin qui praticato. Abbiamo visto la lenta consunzione del partito elettoralista, che raccoglie un’adesione spesso passiva, incapace di reggere la propria struttura sul sostegno militante; può vivere viceversa un partito motore del conflitto, capace di intervenire nei più diversi ambiti, grazie alla forza che trae dalla sua prospettiva di trasformazione rivoluzionaria della società.
Franco Bavila
Donatella Bilardi
Sonia Previato
Jacopo Renda
Dario Salvetti
Roberto Sarti
Marco Veruggio


Documento respinto
PER L’OPPOSIZIONE DI CLASSE E L’ALTERNATIVA DI SISTEMA
Documento conclusivo presentato da Sandro Targetti a nome del documento 3


Il contesto sociale e politico di questo VIII congresso nazionale impone scelte chiare al Partito della Rifondazione Comunista.
Il passaggio dal Governo Berlusconi al Governo Monti conferma la linea di attacco antipopolare, ma modifica profondamente l’assetto democratico e il quadro politico: ciò rende ancor più urgente la ricostruzione di una opposizione di classe, di un riferimento credibile, fuori dal bipolarismo e dalle logiche dell’alternanza, per i ceti popolari colpiti dalla crisi, per impedire nuove derive reazionarie, incidere sulle stesse contraddizioni destinate a crescere nella base sociale del centrosinistra e di SEL,  e delineare un’alternativa di sistema alla crisi del capitalismo..
Il sostegno bipartisan alle direttive delle banche conferma la impraticabilità di alleanze o fronti democratici col PD ed il centrosinistra, di fronte ad una evidente internità alle compatibilità dei grandi interessi capitalistici, che tagliano sempre più le risorse destinate alla spesa sociale e sviliscono lo stesso ruolo delle Assemblee Elettive.
Chiarire il nostro rapporto col PD a tutti i livelli, compresi gli Enti Locali, non è una questione di principio, ma rappresenta un passaggio ineludibile per dare coerenza e credibilità alla nostra opposizione al Governo Monti, alla nostra iniziativa nella società e nei movimenti.
Il PRC è impegnato a rafforzare la lotta al sistema maggioritario e bipolare, ivi comprese le primarie, che cancella la rappresentanza del conflitto, in palese contrasto con la Costituzione, intrecciando così questione democratica e questione sociale.  
L’opposizione sociale e politica al Governo Monti deve svilupparsi sulla base di un programma che traduca in obiettivi concreti la parola d'ordine “Noi il debito non lo paghiamo!” e sappia così unire  i soggetti sociali e le diverse esperienze di resistenza alla crisi che animano le lotte nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università, nei territori (lavoratori/trici, precari, disoccupati, studenti, migranti.), come indicato dalle grandi manifestazioni del 15 ottobre e dal movimento “No debito” che prosegue la sua iniziativa con un importante appuntamento per il prossimo 17 dicembre.
Occorre impedire che il capitalismo utilizzi la sua crisi strutturale per ridisegnare i rapporti di forza, con un nuovo massacro sociale e con nuove guerre imperialiste come in Afganistan, Libia e domani  anche in Iran e Siria. L’affermazione dei diritti sociali, dei diritti civili e dei diritti di cittadinanza per tutti si intreccia con un rinnovato impegno antifascista, antirazzista ed antisessista per impedire nella crisi la guerra tra poveri e l’imbarbarimento della società.
L’opposizione ai diktat della BCE deve collegarsi alle lotte ed ai movimenti che si battono contro le mafie, contro l’associazionismo segreto, contro il potere delle Chiese, e rimettere all’ordine del giorno, dare nuovo slancio a  tutta la questione meridionale.
La questione del reperimento e dell'utilizzo delle risorse è centrale per dare risposta ai bisogni sociali e rompere il quadro delle compatibilità.
“Non pagare il debito” significa porsi l’obiettivo di nazionalizzare le principali banche e di gestire pubblicamente aziende strategiche come ad esempio la Fiat, difendere l'occupazione, estendere i diritti sociali e sindacali, i diritti civili, tutelare l’ambiente e i beni comuni, opporsi alle privatizzazioni, alla vendita del patrimonio pubblico ed alle grandi opere inutili e dannose, come ad esempio la TAV, il Ponte sullo Stretto e gli inceneritori per investire le risorse sulla creazione di lavoro stabile, la riconversione ambientale delle produzioni, la messa in sicurezza del territorio, il diritto alla casa, la spesa sociale, il trasporto pubblico e la strategia rifiuti zero..
In questo senso il partito sociale e l’esperienza dei GAP possono rappresentare una esperienza utile e funzionale al progetto politico dell’opposizione di classe, se concorrono a rafforzare l’autorganizzazione popolare ed una coerente pratica politica del partito stesso.
Occorre contribuire alla rifondazione di una linea e di una pratica sindacale di classe coordinando su contenuti comuni tutti i compagni e le compagne impegnate nei luoghi di lavoro e indipendentemente dalla sigla sindacale di appartenenza, contro l’attacco ai diritti, ai contratti di lavoro e contro la logica dei Patti Sociali, promuovendo nei territori il rilancio dei consigli, le esperienze di autoconvocazione e di coordinamento con i soggetti sociali che resistono alla crisi.
L’VIII congresso nazionale del PRC chiede l’immediato reintegro del ferroviere Riccardo Antonini, licenziato per il suo impegno per chiedere verità e giustizia per la strage di Viareggio ed esprime piena solidarietà con tutti i lavoratori colpiti dalla repressione aziendale nei luoghi di lavoro.
“Non pagare il debito” significa rafforzare la lotta contro questa Europa, che con veri e propri diktat mortifica la democrazia e la sovranità dei popoli, coordinare tutte le forze anticapitaliste europee disponibili, superando i forti limiti presenti nella Sinistra Europea, e riprendere il percorso di ricostruzione di una internazionale comunista, superando vecchie impostazioni monolitiche e verticistiche. 
Nel vivo dell'opposizione al Governo delle Banche, il PRC può e deve contribuire in modo determinante a
-          ricostruire una sinistra anticapitalista, indipendente ed alternativa anche al PD, composta da vari soggetti ed esperienze che non riproduca le scorciatoie e le forzature organizzative che hanno caratterizzato la FdS, ma dia una risposta alla mancanza di una rappresentanza politica di classe;
-          riprendere il percorso della rifondazione-ricostruzione di un partito comunista che riaggreghi le tante forze oggi disperse o diversamente collocate, sulla base di una chiara linea politica e di un comune confronto, elaborazione e pratica sociale, un partito radicato nei luoghi del conflitto di classe capace di darsi forme organizzative coerenti con le finalità dell’azione politica,  che pratichi la democrazia e l’attualità del comunismo nel movimento reale.
                                                         


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