Report Assemblea nazionale "No Debito" - Roma 17/12/2011
L’Assemblea
Nazionale del Comitato No Debito di Roma, ha lanciato una fitta e capillare mobilitazione:
referendum autogestito sul pareggio di bilancio e il massacro sociale della
Bce, il 21 gennaio No Debito Day e poi due manifestazioni nazionali a Milano e
Napoli. Cremaschi: "Dobbiamo scendere in campo".
“Abbiamo voluto fare una prova di
militanza, perché chi riesce ad arrivare fino a qui vuol dire che ci crede
proprio”. Esordisce così Giorgio Cremaschi, aprendo l’assemblea nazionale del
Comitato No Debito che scorre per ore sotto la pioggia nel Tenda a strisce, un
grande teatro alla periferia sudorientale della capitale.
Dopo la battuta di apertura non
può fare a meno di esprimere la solidarietà dell’assemblea - lo aveva già fatto
Emidia Papi dell’USB introducendo i lavori - ai lavoratori immigrati oggetto
della cieca violenza di Casseri a Firenze, ma anche di quella quotidiana e meno
esplicita prodotta dalle politiche e dalle campagne securitarie non solo delle
destre ma anche di tanti sindaci sceriffi del centrosinistra. E Cremaschi,
citando Repubblica, ricorda le inaccettabili e farneticanti parole di Oriana
Fallaci, diffuse e stampate in milioni di copie, quando lanciò l’allarme sul
fatto che Firenze sarebbe stata invasa dai musulmani e i suoi campanili
sostituiti dai minareti. “E’ più che solidarietà la nostra, è difesa collettiva
nei confronti della malsana idea che i nostri diritti li si possa difendere aggredendo
chi ne ha meno di noi” afferma Cremaschi tra gli applausi. Molti di coloro che
avevano programmato di arrivare a Roma per partecipare all’assemblea nazionale
sono rimasti alla fine nelle proprie città, per aderire alle tante iniziative
convocate contro il razzismo e in molti casi per chiedere la chiusura
dell’organizzazione neofascista Casapound: a Napoli, Firenze, Milano. Poi entra
nel vivo il presidente del comitato centrale della Fiom, mandando un ‘saluto’
al capo dello Stato: “Noi in totale disaccordo con le parole di Giorgio
Napolitano quando ha sottolineato che di fronte alla crisi è inevitabile che
tutti paghino, anche i poveri. Non siamo d’accordo. Non vogliamo diventare una monarchia,
e siamo contrari ai governi del sovrano per salvare il debito sovrano”.
Un gioco di parole per chiarire
che non è affatto detto che in nome di uno scenario senza Berlusconi si debba
concedere di tutto e di più a chi lo sostituisce facendo di peggio. Cremaschi
ha parole dure per l’antiberlusconismo strumentale che copre, almeno per ora,
le schifezze del governo Monti: “ieri mi è capitato di ascoltare un giornalista
di Repubblica spiegare che Berlusconi ha governato per 17 anni senza fare
quelle riforme strutturali che ora deve fare Monti. (...) In realtà per 9 di
questi 17 anni ha governato il centrosinistra, totalmente subalterno a
Berlusconi e al liberismo, il che significa che bisogna cambiare radicalmente”.
“Se questo insieme incredibile di mostruosità e ingiustizie varato da Monti –
la stessa Confindustria dice che avremo altri 800 mila disoccupati sommati a
quelli che ci sono già - lo avesse fatto Berlusconi, cosa sarebbe successo in
Italia?” incalza Cremaschi spiegando che i poteri forti hanno sostituito
Berlusconi per poter fare, e in fretta, quello che il precedente governo non
era riuscito a fare. Per Cremaschi “Monti è il volto presentabile chiamato a fare
politiche impresentabili” e questo giudizio, afferma, è ciò che ci distingue –
insieme all’indipendenza dal quadro politico istituzionale - anche da tanti
movimenti che stanno ancora a guardare e non si esprimono.
Il portavoce del Comitato No
Debito ricorda che quando la battaglia partì a luglio con un appello, la parola
d’ordine era già un no a Berlusconi ma anche al ‘governo unico delle banche’.
Un governo che a pochi mesi di distanza di siamo trovati ora in casa, a Palazzo
Chigi. “La Fiom e il sindacalismo di base, nell’isolamento totale anche a
sinistra, avvertirono che mentre Marchionne non era l’eccezione in Italia, la
Grecia non era l’eccezione in Europa, ma la linea di un modello
economico-sociale da applicare a tutti”, spiega Cremaschi criticando chi anche
a sinistra del centrosinistra sostiene l’inevitabilità dei sacrifici per
salvare l’Italia. Avvertendo: non pensino coloro che oggi a sinistra sostengono
Monti, direttamente o indirettamente, di ritrovarsi insieme a noi magari tra un
anno quando si andrà al voto.
I lavoratori, i precari, i pensionati
italiani pagano già caro quel 7% di interessi sul debito, e secondo la
Confindustria il prossimo anno il Pil italiano andrà indietro dell’1%. “In
queste condizioni non solo non è giusto che le classi meno abbienti paghino il
debito, in queste condizioni il debito non può e non deve essere pagato”.
Su questo punto alcuni
intellettuali ed economisti di sinistra, anche marxisti, sono dubbiosi, pensano
che non si possa non pagare il debito, che altrimenti a rimetterci saranno i
salari e le pensioni.
“Paradossalmente ci sono invece
economisti di scuola riformista, più lontani da noi, che invece sostengono che
pagare il debito non è possibile, perché stiamo andando dentro un’economia di guerra
in cui tutte le risorse vengono sacrificate per ripianare il debito”. Il
riferimento è a Loretta Napoleoni, che ha inviato un suo breve intervento di
sostegno all’assemblea del Tenda a strisce. “Da tre anni ci stanno dando la
medicina greca in tutti i paesi euroei, cambiano solo le dosi. Non c’è un solo
paese che sia uscito dalla crisi” obietta Cremaschi a chi pensa che la via del
pagamento del debito attraverso la distruzione dello stato sociale, dei diritti
del lavoro e della democrazia possa - pur nella sua ingiustizia - almeno
risolvere la crisi. Se volesse trovare soldi facili - suggerisce - il governo
potrebbe attingere alle decine di miliardi buttati in spese militari o nelle grandi
e inutili opere, a partire dalla Torino Lione, ma non per destinare risorse al
pagamento del debito, ma per investire in sanità, istruzione, lavoro, beni
comuni. “E poi occorre nazionalizzare le banche” chiarisce tra gli applausi
ricordando che oltre ai diritti "ci stanno rubando la democrazia, anche
quella borghese. Michele Salvati ha scritto venti giorni fa sul Corriere della
Sera che ci vuole un dictator per l’Italia. Uno a cui viene affidata la
sospensione (temporanea?) della democrazia. Per far passare concetti duri da
far digerire usano il latino, oppure l’inglese, ma la sostanza rimane quella”.
Pare che presto Monti, Merkel e
Sarkozy abbiano deciso di riunirsi in Italia: “andiamo a trovarli, dovunque
siano, andiamo a trovarli!”. Cremaschi ribadisce così che il Comitato No Debito
non è un centro studi e che si prepara quindi a dar vita ad una grande e
capillare mobilitazione, in realtà già partita in tutta Italia con tante
assemblee regionali e territoriali ben riuscite e partecipate.
“Dobbiamo sviluppare sui
territori i comitati No Debito oppure farli nascere dove non ci sono ancora. Dobbiamo
prepararci a fare le barricate contro l’attacco ai diritti del mondo del lavoro
e dobbiamo trovare l’unità con tutti quei movimenti che vogliono contestare la
globalizzazione. Cercheranno di dividerci - avverte - ma dovremo essere capaci
di marciare insieme”. Nei prossimi mesi - dopo lo sciopero generale del 27
gennaio del sindacalismo di base e la manifestazione nazionale contro la Fiat
della Fiom dell’11 febbraio - si annuncia una fittissima agenda di appuntamenti
a partire dal No Debito Day il 21 gennaio, da una manifestazione nazionale a
Milano a febbraio e poi un’altra a Napoli in primavera.
“A Milano un corteo dalla Bocconi
a Piazza Affari, perché è lì che sta il governo vero, non quel vuoto parlamento
che a suo tempo votò che Rubi era la nipote di Mubarak e ora vota la fiducia a
Monti. A Napoli perché se l’Italia è tutta sotto il tallone della crisi nel
Mezzogiorno la crisi rappresenta una doppia schiavitù, perché ogni volta che al
Sud chiude una fabbrica si crea un vuoto sociale che viene riempito dalla
camorra e dal lavoro nero, dalla criminalità e dalla disperazione”.
E poi una vasta campagna per
chiedere che con un referendum gli italiani possano votare ed esprimersi sullo
scippo di democrazia in atto. “Adesso cambiano la nostra Costituzione nell’art.
81, per inserire il pareggio di bilancio, senza neanche farci dire se siamo
d’accordo o no come previsto dalla costituzione stessa. Così come non vogliono
far votare gli italiani e gli europei sul massacro sociale imposto dalla Bce”.
Cremaschi annuncia già da gennaio una capillare campagna di informazione e di
agitazione su queste questioni che configurino una sorta di referendum autogestito.
“Dobbiamo scendere in campo, adesso. Quello che sta succedendo non ha
precedenti. E non voglio che domani mi si possa dire che non ho fatto tutto
quello che si poteva fare” conclude Cremaschi.
Con Nicoletta Dosio del Movimento
No Tav sono poi iniziati gli interventi dei vari comitati No Debito sorti nelle
varie città che hanno resocontato di assemblee andate molto bene sul piano
della partecipazione, a significare che questo movimento coglie una esigenza
diffusa di opposizione e alternative alla “fatalità” della crisi e delle
ricette che vengono propinate e sostenute quasi unanimemente dalla politica e
dal sistema dei mass media. Si sono sentiti accenti diversi sia per le città di
provenienza sia perché ogni realtà sta arrivando alla convergenza da strade
diverse: Modena, Napoli, Genova, Milano, Bologna etc. Si è sentita la mancanza
delle realtà toscane oggi impegnate nella manifestazione antifascista a
antirazzista di Firenze. Franco Russo ha dettagliato gli obiettivi e i passaggi
della campagna per il referendum contro i vincoli europei e il pareggio in bilancio
obbligatorio nella Costituzione. Giulietto Chiesa ha messo in guardia dal
ritenere autosufficiente l’aggregazione messa in piedi fino ad ora “perché la
gente normale viene martellata da altre campane che non sono le nostre”. Jacopo
Venier ha sottolineato l’importanza della comunicazione per fare in modo che la
campagna No Debito non abbia come obiettivo solo il “cuore della sinistra” ma
anche la pancia della gente normale, un concetto questo sottolineato da Mauro Casadio
(Rete dei Comunisti) che ha sollecitato a usare la campagna per il referendum
per andare direttamente a rapportarsi con il nostro blocco sociale.
In tal senso la manifestazione
nazionale va fatta a Milano, proprio nel cuore di una Lega che si sta candidando
a rappresentare l’unica opposizione popolare al governo Monti, un rischio che
non si può correre, così come non si può quello di lasciare che la critica
all’Unione Europea e ai suoi diktat venga gestita solo dalle forze reazionarie.
Una curiosità: i rappresentanti delle varie organizzazioni politiche (Rdc, Sc,
Pcl, Prc) in questa assemblea sono intervenuti così come nell’incontro del 1° Ottobre,
ma accettando il vincolo di farlo in quanto esponenti del coordinamento
nazionale No Debito e non di “bandiera”. E’ intervenuto anche un giornalista
del comitato di redazione di Liberazione che rischia la chiusura come molte
altre testate non commerciali a causa dei tagli dei fondi previsti dalla legge
sull’editoria.
L’assemblea si è conclusa intorno
alle 15.30 con l’approvazione per alzata di mano di un documento finale che
fissa non solo le scadenze ma anche le regole minime di funzionamento del
Comitato No Debito che sta ingaggiando la sfida di tenere insieme intorno ad un
programma condiviso soggetti, forze politiche, sindacali e individualità
diverse. Una impresa improba nell’epoca della frammentazione ma che al momento
sembra reggere la sfida.
Marco Santopadre (Radio Città
Aperta di Roma)
Nessun commento:
Posta un commento